I probiotici nella terapia antibiotica
Parlando di probiotici assunti contemporaneamente agli antibiotici, non è raro che arrivando in farmacia con una prescrizione antibiotica, venga proposto dal farmacista l’utilizzo di un probiotico per ridurre alcuni effetti collaterali dell’antibiotico, come ad esempio i disturbi intestinali. In realtà, il probiotico è per definizione antibiotico-sensibile e assumerlo in concomitanza dello stesso vorrebbe dire uccidere il batterio. Un approccio migliore è, quindi, l’assunzione del probiotico alla fine della terapia antibiotica.
Tuttavia, non sempre è un errore: ci sono infatti almeno tre situazioni in cui probiotico e antibiotico vengono somministrati insieme.
In quali casi ha senso assumere probiotici e antibiotici contemporaneamente?
Il primo caso è quello dei batteri tindalizzati, che sono già morti e perciò non possono essere lesi dall’antibiotico. Il limite di questo approccio, però, è che ad oggi non esistono evidenze serie nella letteratura medica che confermino una qualche utilità di un batterio morto per il nostro organismo.
Una seconda possibilità è usare forme non batteriche di tipo probiotico, come ad esempio i lieviti tipo il saccharomyces boulardii, che è antibiotico-insensibile e pertanto può essere validamente impiegato per ridurre episodi diarroici, anche nei bambini.
Una terza opzione è rappresentata da batteri che dimostrino una certa resistenza agli antibiotici. Oggi disponiamo di ceppi batterici appositamente isolati per la loro insensibilità verso gli antibiotici: ciò permette loro di non essere uccisi dalla sostanza e di essere conseguentemente co-somministrati nell’ambito di una terapia antibiotica.
Attualmente abbiamo ceppi batterici resistenti alla vancomicina e alla rifaximina, ma sono in corso degli studi per ricercare probiotici resistenti anche all’amoxicillina e all’acido clavulanico.